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12 aprile 2022

Fotovoltaico e manutenzione ordinaria: le nuove semplificazioni

Fotovoltaico e manutenzione ordinaria: le nuove semplificazioni

FOTOVOLTAICO E MANUTENZIONE ORDINARIA: LE NUOVE SEMPLIFICAZIONI

Decreto energia: dal 1 marzo 2022 è possibile installare impianti fotovoltaici in manutenzione ordinaria, senza particolari permessi. Ma non sempre.

Il nuovo decreto energia, anche detto “decreto bollette”, dl 17/2022 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il primo marzo, introduce importanti novità nel mondo dell’energia, finalizzate a conte-nere i costi e a promuovere lo sviluppo delle energie rinnovabili. Il Governo ha inteso promuovere un cambiamento senza precedenti in materia di impianti alimentati da fonti rinnovabili: oltre agli incentivi e bonus già previsti (bonus edilizia) sono state introdotte semplificazioni importantissime, soprattutto per l’installazione di impianti fotovoltaici, anche in zona paesaggistica.

 

Fotovoltaico e manutenzione ordinaria

La vera rivoluzione sta nel fatto che l’installazione di pannelli fotovoltaici va considerata manutenzione ordinaria. Nessuna autorizzazione o atto amministrativo necessario per procedere immediatamente: la manutenzione ordinaria, infatti, ricade SEMPRE nell’ambito dell’edilizia libera.

Entrando nello specifico, l’art. 9 del dl 17/2022 che contiene semplificazioni per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, prevede che l’art. 7-bis il comma 5 del dlgs 28/2011 sia sostituito dal seguente:

[…] l’installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici […], o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, è considerata intervento di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi inclusi quelli previsti dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, a eccezione degli impianti che ricadono in aree o immobili di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c) , del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141 del medesimo codice, e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 del codice.

Analizzando attentamente il testo si possono trarre le seguenti conclusioni:

• l’istallazione di impianti fotovoltaici e solari termici ricadono in manutenzione ordinaria e sono realizzabili quindi in edilizia libera e non è subordinata ad alcun atto di assenso;

• l’installazione può essere effettuata liberamente anche su strutture o manufatti diversi da edifici;

• l’installazione può avvenire anche sulle pertinenze, come ad esempio giardini, terrazzi, autorimesse, depositi, tettoie, autorizzati, attenzione ai pergolati che se coperti diventano tettoie, deve passare aria e acqua tra i pannelli, verificare sempre i regolamenti edilizi e gli strumenti urbanistici comunali;

• l’installazione di tali impianti può avvenire con qualunque modalità;

• la semplificazione si applica anche agli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, ma non a tutti.

Sono espressamente esclusi dalle semplificazioni i seguenti immobili (art. 136, lett. b) e c)):

• le ville, i giardini e i parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza;

• i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici.

• Prima di installare i pannelli si consiglia attraverso un tecnico di verificare se è presente nella zona o nell’edificio qualche tipo di vincolo del codice paesaggistico. Ci sono poi altri aspetti ad esempio strutturali di tenuta al vento da tenere presente.

• Esiste la possibilità di utilizzare pannelli fotovoltaici rossi ed integrati nella copertura.

 

Come funzionano le comunità energetiche

Il funzionamento di una comunità energetica prevede il coinvolgimento di una serie di soggetti privati e/o pubblici, i quali costituiscono un ente legale per produrre energia elettrica attraverso fonti rinnovabili come gli impianti fotovoltaici. Quest’ultimi possono essere condivisi, come nel caso di una centrale fotovoltaica o eolica a disposizione della collettività, oppure individuali, come per esempio un sistema fotovoltaico installato sul tetto di una casa, di un’azienda, di una sede di un’amministrazione pubblica o di un condominio. In questo modo i consumatori passivi (consumer) si trasformano in consumatori attivi e produttori (prosumer), in quanto sono dotati di un proprio impianto per la generazione di energia elettrica per l’autoconsumo, cedendo la parte di energia in eccesso agli altri soggetti collegati alla smart grid. Quest’ultima è un’infrastruttura intelligente che collega tutti i soggetti della comunità energetica, la quale potrebbe comprendere anche sistemi evoluti di storage per l’accumulo dell’energia elettrica non immediatamente utilizzata. Si può parlare di smart grid anche nel caso di comunità energetiche rinnovabili, in quanto è una struttura moderna e digitalizzata, il cui scopo è quello di ottimizzare la gestione energetica e quindi renderla più efficiente. L’infrastruttura è costituita da una rete che collega tutti i soggetti della comunità energetica, monitorata e controllata da tecnologie digitali all’avanguardia per ottimizzare ogni fase di produzione, consumo e scambio dell’energia attraverso soluzioni hardware e software innovative. Si tratta, ad esempio, di sensori per il monitoraggio dei consumi elettrici, tecnologie cloud che funzionano come aggregatore delle comunità energetiche per favorire gli scambi tra associazioni vicine, oltre a sistemi blockchain per controllare ogni passaggio e garantire trasparenza, sicurezza e affidabilità. Ogni partecipante della comunità energetica deve inoltre installare un energy box, un dispositivo che consente di collegare l’edificio e l’impianto alla rete locale, per assicurare la condivisione in tempo reale delle informazioni su produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dell’energia.

 

Cosa prevede la normativa sulla comunità energetiche

Con il Decreto Milleproroghe 162/2019 è stata promossa in Italia la legge sulle comunità energetiche, attraverso la quale sono state riconosciute le comunità energetiche rinnovabili (CER). Si tratta di associazioni di cittadini, imprese ed enti locali che decidono di unirsi con l’obiettivo di dotarsi di impianti per la produzione, l’autoconsumo e la condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili. L’unica restrizione riguarda le aziende, per le quali la produzione e cessione dell’energia all’interno della comunità energetica non deve rappresentare l’attività principale. L’altra configurazione prevista è quella dei gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile, con la quale una serie di soggetti privati possono produrre e vendere energia elettrica da fonti rinnovabili in modo autonomo a più utenze situate sul territorio. Con il decreto sulle comunità energetiche il nostro Paese ha recepito la Direttiva europea RED II 2001/2018, con la quale l’Unione Europea riconosce valenza giuridica alle associazioni e introduce la figura del produttore/consumatore di energia (prosumer).  Le comunità energetiche in Italia possono ottenere un beneficio tariffario per 20 anni gestito dal GSE (Gestore Servizi Energetici), con un corrispettivo unitario e una tariffa premio, quest’ultima pari a 100 euro/MWh per i gruppi di auto consumatori e 110 euro/MWh per le comunità energetiche. 

Competenze tecnico-professionali, tecnologie avanzate e assistenza nella costituzione della comunità energetica, con la realizzazione di cinque impianti fotovoltaici per la generazione, l’autoconsumo e la condivisione di energia elettrica 100% green.  Attraverso soluzioni tecnologicamente evolute è possibile ridur-re gli sprechi energetici, favorire la diffusione delle energie verdi e agevolare anche la rete elettrica nazionale, con importanti benefici per la collettività in termini di risparmio energetico per ridurre emissioni inquinanti e costi in bolletta. 

 

I vantaggi delle comunità energetiche

Le comunità energetiche riducono le disuguaglianze sociali, diminuiscono l’impatto ambientale e permettono di usufruire di condizioni energetiche economicamente competitive, inoltre garantiscono importanti benefici per le collettività locali coinvolte:

 

Vantaggi ambientali: le comunità energetiche prevedono l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia, incentivando la diffusione di energia verde al posto delle fonti fossili per diminuire le emissioni di gas ad effetto serra e mitigare i cambiamenti climatici.

Vantaggi economici: gli incentivi previsti per le comunità energetiche sono cumulabili con altre agevolazioni, tra cui le misure previste dall’Ecobonus, dal Superbonus 110% e dal Bonus Casa, con la possibilità per imprese, enti locali e cittadini di ottenere un risparmio economico elevato grazie alla riduzione dei costi dell’energia. Sono sufficienti due condòmini che si uniscono per fare una comunità energetica con il consenso dell’assemblea condominiale per installare l’impianto fotovoltaico sul tetto per diventare prosumer (consumatori e produttori) ottenendo un premio in denaro per 20 anni sull’energia autoconsumata, la gestione sarà sempre della comunità e dei cittadini. Il legale responsabile della CER presenta una istanza al GSE con l’elenco dei membri della comunità.

 

• Vantaggi sociali: la diminuzione dei costi energetici e delle emissioni inquinanti favorisce la coesione delle comunità locali e promuove modelli di inclusione e collaborazione sociale, con una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori e il con-trasto della povertà energetica.

 

La nascita delle comunità energetiche

 

Le prime comunità energetiche sono sorte all’inizio del XX secolo, quando sono nati i primi progetti di produzione e consumo locale di energia. Nel corso degli anni settanta hanno preso forme alcune cooperative di cittadini per la promozione delle energie rinnovabili, dapprima in Danimarca con l’installazione di alcuni impianti eolici, per poi diffondersi negli anni ottanta anche in Germania e in Belgio. Negli anni duemila è arrivato un nuovo slancio al modello di comunità energetica, grazie alla liberalizzazione del mercato energetico e all’innovazione tecnologica. In Italia uno dei primi progetti ha interessato il Comune di Funes in Alto Adige, con l’inaugurazione nel 1921 della Società Elettrica Santa Maddalena, promuovendo la partecipazione dei cittadini all’interno della cooperativa per lo sviluppo sostenibile della valle. Ancora oggi Funes produce energia da fonti rinnovabili utilizzando impianti idroelettrici, fotovoltaici cedendo alla rete l’energia in eccesso e reinvestendo i ricavi in progetti legati al territorio. Cooperative simili sono nate in tutto il Paese nel corso dell’ultimo secolo, in Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Puglia.  Le nuove normative italiane e comunitarie hanno riconosciuto il valore giuridico delle comunità energetiche, mettendo a disposizione nuovi strumenti per la diffusione di questi modelli di autoproduzione e autoconsumo energetico collettivo.

Secondo la guida ENEA alle comunità energetiche, le stime pre-vedono che entro il 2050 circa 264 milioni di cittadini europei diventeranno dei prosumer, con la possibilità di generare fino al 45% di energia elettrica da fonti rinnovabili e raggiungere la neutralità climatica grazie alla partecipazione attiva dei consumatori.

 

Scarica la guida Enea sulle comunità energetiche

Vademecum LA COMUNITÀ ENERGETICA - https://www.gecocommunity.it/

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